Archeologia


Colonna o cosidetto Bacio della natura

Due nuraghi di Seùlo

Fonte: Giuliano Frau
Foto: Francesca D'Ambruoso

Densamente popolata sin dal Neolitico, la Barbagia di Seùlo rappresentò un buon punto d'arrivo per quelle genti provenienti dall'attuale medioriente (Cicladi, Ellenici, Semiti) e spintesi sin quassù alla ricerca di metalli e di un posto sicuro per resistere alle continue invesioni provenienti dal mare.
Il territorio si presenta ricco di grotte e di anfratti naturali che assumono nomi fantasiosi quali Domus de Janas, Stampu Erdi, Grutta de is Bituleris, Grutta ' e su Longufresu, in parte esplorate e non tutte censite, che presentano al loro interno magnifiche espressioni di naturale bellezza insita nelle enormi stalattiti e stalagmiti, che nelle Domus de Janas raggiungono livelli di eccelso splendore. E' peraltro frequente rinvenire, in recessi boco battuti, resti di umana presenza quali cocci di vasellame frammisto a pezzi di ossa di animali e non, a testimonianza di pregresse sepolture dopo incinerazione parziale; o addirittura parte di un cranio inglobato nel tempo con la roccia calcarea, per effetto dello stillicidio.
Altri anfratti, stavolta non naturali, ma opera dell'uomo, si possono osservare, sparsi, in località "Strinchinisei" e "Tonnolù": scavati nello scisto variano dalla celletta unica a pianta circolare alla pluricellulare con atrio a due o tre cellette sicuramente usate per inumazioni collettive.
Essi sono il risultato di una ideologia tipicamente orientale di arte funeraria. Queste sepolture sono la naturale progressione delle primitive inumazioni lapidarie, che si riscontrano in "Su Cannisoni", alla base del cosidetto "Taccu 'e Ticci" e che hanno una fase intermedia in "Sa Rutta 'e is Bituleris", ove è poissibile ancora trovare la sepoltura di un individuo "infisso" nel fondo in posizione fetale, con abbondanti resti di altri individui tra cui il "proprietario" del cranio trapanato , conservato al Museo Nazionale di Cagliari. Nella sommità di questo tacco sono visibili i resti di un villaggio apogeico costituito da numerose capanne con basi circolari in pietra e all'interno cocci di vasellame e schegge di ossidiana, di varia grandezza, che il La Marmora descrisse nei suoi appunti. Posto in posizione dominante esso permetteva ai suoi abitanti il controllo delle vie di accesso e la rapida predisposizione alla difesa in caso di attacco di potenziali nemici.
Non distante è possibile osservare i resti di quella che doveva essere una "Tomba dei Giganti", distrutta per opera dell'invincibile uomo contemporaneo e che, almeno in parte, mostra i lati dell'esedra e buona quantità di materiale osseo.
Volgendo poi lo sguardo verso oriente è possibile ammirare la maestosità dei trte nuraghi ancora in parte eretti, che in linea retta e a vista tra loro, costituivano quella virtuale cinta difensiva della Barbagia. Recentemente restaurato, Su Nuraxi 'e Pauli, costruito a pianta semplice con volta a "tholos" a sezione ogivale, presenta l'ingresso a S-SE con una garitta a destra di chi entra ed una scala in pietra che porta alla terrazza semi distrutta; la sala è ampia , con varie nicchie e un ripostiglio, sito sotto la scala, probabilmente usato come dispensa. A distanza di qualche centinaio di metri vi è il cosidetto "Nuraxeddu", a pianta circolare, semidistrutto, e pressoché irrecuperabile. Al di là del sottostante dirupo è possibile osservare, abbarbicato sulla sommità di un costone roccioso, un nuraghe a pianta trilobata, meritevole di appropriato studio, che doveva essere la residenza del capo della tribù o perlomeno il nucleo centrale della catena fortilizia. Intorno a questo nuraghe sono individuabili i resti di muri cosidetti "ciclopici" che in tempi recenti sono stati utilizzati in parte per costruzioni.
Un altro sito meritevole di attenzione lo troviamo in località "Taccu 'e is Tragus", dove si possono osservare resti di capanne e di altre costruzioni, tra cui un embrione di forno.
Discorso a parte meriterebbe la grotta di Stampu Erdi che, con l'ingresso squadrato e volto stranamente a NE, si rivela fonte di notizie sulle consuetudini di quegli antichi abitatori; inoltre, la presenza di numerosi "forni" in pietra e di alcuni Dolmens in località "Fundu Meu" ci portano a supporre un legame non indifferente con altre tribù presenti in agro di Sadali.

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