Alberobello Io, cittadina comune

Una delle prime letture che mi ha incuriosito sul Libro del Professor Di Battista è stata quella dedicata al lettore comune. Il mio pensiero è assalito dalla curiosità di cosa un cittadino comune apprezza nelle città, negli edifici, nei differenti spazi edificati. E la memoria, senza allontanarsi tanto va a quello che io stessa apprezzavo quattro mesi orsono e di cosa sta cambiando in me adesso e mi sta allontanando dal cittadino comune. E soprattutto: c’e’ rimedio a questo allontanamento? Esso è positivo o negativo? Cosa non devo perdere di vista di me-cittadina comune? Prima di iniziare a studiare in questa facoltà ero una cittadina comune con una media cultura in storia dell’arte e con alcune preferenze artistiche. Non mi addentro molto in quello che mi differenzia per altri versi da un cittadino comune per non rischiare di divagare troppo. Ciò che caratterizzava la mia cultura in storia dell’arte è essa stessa: la storia. Noi italiani siamo molto calati nella storia, e la stessa arte che si studia nelle nostre scuole difficilmente riesce a superare il periodo del 1800. Solo docenti stravaganti o illuminati parlano dell’ultimo secolo o si addentrano in lezioni di architettura moderna e contemporanea. La formazione storica provoca delle conseguenze: quando guardiamo il Partenone di Atene o il Colosseo di Roma o la cittadina di San Gimignano in Toscana o il duomo di Firenze sappiamo orientarci; se già ci troviamo di fronte al duomo di Lecce in Puglia o a San Carlino alle Quattro fontane a Roma già iniziamo a smarrirci (visto che si tratta di opere che difficilmente si trovano in testi diffusi di storia dell’arte) ma se poi ci troviamo al cospetto di edifici di Ghery o Hollein il nostro spaesamento è totale. In me cittadina comune c’è una cultura di base che mi permette di riconoscere alcuni stili architettonici e alcuni periodi artistici.

Nelle città italiane si incontrano edifici del periodo greco (scavi o ruderi), normanni e svevi, romanici con le varianti, alcuni gotici, barocchi, neoclassici, moderni, fascisti, razionali. Difficilmente nelle nostre città si vedono edifici esteticamente apprezzabili successivi al fascismo e quando si incontrano ormai il cittadino comune non li riconosce più. Io-cittadina comune non ho mai studiato opere di architettura contemporanea. Di fronte a costruzioni contemporanee sono solo in grado di capire se mi piacciono o no. Ovviamente la sensazione di piacere deriva da miei sistemi di riferimento culturali che non vanno oltre il 1800. Spesso di fronte ad edifici contemporanei mi son trovata a prediligere edifici antecedenti. Tuttavia di fronte a ponti ed edifici di Calatrava sono sempre stata a mio agio. Non voglio darmi giudizi di valore che non servono. Mi intriga però scoprire che solo ora mi soffermo di fronte ad edifici in cemento armato a vista che prima pensavo fossero ancora in costruzione o di fronte ad edifici di materiali diversi dai classici in pietra, bugnato o intonacati. E ciò mi fa anche sorridere. Solo adesso tra un edificio del 1800 ed uno del 2000 attira maggiormente la mia attenzione quest’ultimo, non certo per un criterio di bellezza che se prima in me era rappresentato dal classico adesso è anche il complesso. Tra il comune di Parigi e quello di Londra qualche mese fa avrei preferito quello di Parigi, adesso indubbiamente quello di Londra.

E’ più difficile riscontrare l’alone romantico degli edifici classici negli edifici contemporanei. Qualche mese fa avrei detto al contrario che essi sono inquietanti, complessi e cervellotici.

Inquietudine differente dalla lanterna di S.Ivo alla Sapienza di Borromini a Roma, per quanto innovativa essa possa essere apparsa nella sua epoca. La preparazione culturale del cittadino comune ancora non tocca i tasti della contemporaneità e gli eventi mediatici ci presentano il museo di Bilbao e le case popolari di Undertwasser a Vienna ma difficilmente ci mostreranno la partecipazione al concorso di Di Battista sulla via Flaminia o Montecarrasso pianificata da Snozzi. I cittadini comuni che passeggiano con me preferiscono l’esterno della villa seicentesca alla casa vagone di Adolf Loos. E’ solo studiando e approfondendo che il cittadino comune si distacca e inizia a leggere con un altro sguardo la realtà che lo circonda. Tutt’oggi, passeggiando nell’eclettico e vivace centro di Dublino, i miei compagni di viaggio apprezzano le porte georgiane e i pittoreschi edifici stuccati mentre la mia attenzione inizia a poggiarsi su edifici in acciaio e vetro senza più considerarli fragili soprammobili.

Il passo successivo di me-cittadina comune che diventa cittadina-architetto sarà non dimenticare questo distacco, non lasciar sfumare nella memoria in quale modo il cittadino comune si distacca da se per iniziare, e successivamente sempre più, a diventare architetto.

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